Il mondo di Sergio

Il mondo di Sergio

E’ la storia di Sergio Piscitello, gravemente autistico, che a 39 anni (nel 2003) è stato ucciso dal padre Salvatore dopo l’ennesimo episodio di violenza. Nel 2006 il presidente Napolitano ha concesso la grazia al genitore condannato per l’assassinio del figlio. In queste pagine dure e sincere Paissan racconta la vicenda di una famiglia abbandonata a se stessa, che ha visto il proprio amore trasformarsi in dolore e la propria solitudine in tragedia. Il ricavato del libro contribuirà al progetto autismo della Fondazione Handicap Dopo di noi.

di Paissan Mauro, prefazione di Stefano Rodotà (Fazi Editore, 2008).

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Reviews:Daniela Mariani Cerati ha scritto:

“Per Sergio non c’è posto in questo mondo e io, che non l’ho mai abbandonato, lo seguirò ancora, compiendo con questa atroce e disperata opera di misericordia un estremo atto d’amore.” Un preannuncio di suicidio. Sì. “Il programma era quello. Di uccidermi subito dopo aver ucciso Sergio. Poi è entrata mia moglie e le cose sono andate in modo diverso”
Così comincia “Il mondo di Sergio”, la storia della famiglia Piscitello: padre dentista, madre insegnante e due figli: femmina e maschio, quest’ultimo autistico e sordomuto.
Una storia durata 39 anni: 39 anni di “dolori, disavventure, conflitti, disgrazie, solitudini, abbandoni, rotture, disperazione” come dice Stefano Rodotà nella prefazione.
Il figlicidio, che doveva essere seguito dal suicidio, non è stato innescato da un momento di collera, ma da una lucida decisione : il figlio peggiorava; l’aggressività, la distruttività, l’agitazione incontenibile presentavano nel tempo un crescendo inarrestabile e l’unico sostegno a questo figlio sofferente era la famiglia, ovvero due anziani genitori le cui forze andavano spegnendosi. Il padre per di più aveva una malattia grave. La morte contemporanea di figlio e padre appariva sempre di più la meno peggiore delle soluzioni.
Per chi non lo sapesse verrebbe da pensare che questa tragedia si sia consumata in un paese in via di sviluppo e in una famiglia povera e priva di mezzi economici e culturali.
Si è invece consumata a Roma in una famiglia benestante, nel corso di 39 lunghi anni.
I Servizi sociali conoscevano bene la situazione tanto che ad un certo punto Sergio usufruisce dell’assistenza domiciliare.
Non per cattiveria, ma per la sua patologia Sergio è aggressivo con chiunque gli capiti a tiro, e quindi anche con l’assistente domiciliare.
Quale la soluzione? Si sospende l’assistenza domiciliare e non si dà nulla in cambio. La constatazione della gravità del caso avrebbe dovuto fare scattare un allarme, un surplus di aiuto e di assistenza. No. Di fronte all’impotenza per una disabilità tanto grave l’assistenza viene tolta e il peso viene lasciato interamente sulle spalle dei vecchi genitori, che presentano ferite, lividi, ossa rotte, denti avulsi.
La tendenza a dare molto a chi ha piccoli bisogni e poco o nulla a chi ha enormi bisogni è un dato che si riscontra frequentemente e il caso di Sergio rappresenta più la regola che l’eccezione.
Quando c’è una disabilità grave e una famiglia che si sacrifica fino all’estremo, i servizi sanitari e sociali si ritirano e fanno presagire ai genitori che dopo la loro morte il figlio sarà abbandonato a se stesso.
Un’altra situazione, che non è solo di Sergio, ma dell’intera categoria delle persone autistiche divenute adulte: non sono di competenza di nessuno.
Sergio aggredisce, distrugge, è agitatissimo. Dovrebbe avere il pieno diritto ad essere ricoverato nel reparto di Psichiatria e di ricevere qui la cura per l’emergenza e l’avviamento ad una cura e/o ad un luogo di cura a lui adatto dopo il momento acuto.
No. Ai genitori viene detto “ questo non è il suo posto. E’ un handicappato e quindi non è di competenza psichiatrica” Ma non viene visitato e preso in carico da qualche servizio o professionista che lo ritenga poi di sua competenza. Viene semplicemente dimesso e riaffidato ai genitori che devono fornire l’assistenza che nessun servizio è capace di fornire.
Anche questa situazione è la regola e non l’eccezione. Le persone autistiche adulte, a parte lodevoli eccezioni, non sono di nessuno. I servizi di neuropsichiatria infantile non li vogliono perché hanno superato l’età, i servizi di psichiatria adulti non li vogliono perché sono handicappati ed evidentemente l’onore di essere da loro curati lo hanno solo persone brillanti e intelligenti. Eppure ad un certo punto del libro c’è un elenco lunghissimo di farmaci psicotropi, di cui per Sergio è stata verificata l’inefficacia o, spesso, l’effetto paradosso. Non si capisce chi, se non gli psichiatri, li dovrebbe prescrivere, sospendere, monitorarne gli effetti collaterali, adattarne il dosaggio.
E i privati, a cui la famiglia ha fatto ampio ricorso, non fanno una figura migliore.
Si vede come venga elargita a caro prezzo la improvvisazione e la ciarlataneria, come quando, dal momento che Sergio ha un interesse forte e ossessivo per la televisione, in particolare per Domenica In, gli viene consigliato di andare negli studi di Domenica In, cosa che dovrebbe produrre una facile guarigione.
Naturalmente la cosa crea solo una situazione di estremo disagio nel padre, soprattutto quando si accorge che, a trasmissione iniziata, non è possibile uscire dallo studio.
Molte delle situazioni descritte nel libro sono famigliari a chi pratica persone autistiche, così come quando la madre chiede il posto e il trattamento per l’handicap per un viaggio in aereo e viene guardata in modo incredulo. Sergio è bello, non ha nulla nel suo aspetto che suggerisca la presenza di un handicap. Cosa vuole quella mamma?
E’ raro trovare dei resoconti così veri, frutto di una immersione da parte dello scrittore in questa tragica realtà attraverso la lettura dei diari, l’intervista approfondita dei protagonisti e una profonda empatia e comprensione della tragedia. Il tutto raccontato con la professionalità del giornalista consumato.
A chi consiglierei questo libro? A tutti i cittadini, tranne che ai genitori. Troppi genitori di autistici adulti si riconoscerebbero in Salvatore e in Elvira
I cittadini e in particolare i dirigenti del servizio sociale e sanitario e gli uomini politici dovrebbero leggere e meditare questo libro e affrontare il problema, smettere di fare la politica dello struzzo, come si è fatto con la famiglia Piscitello, e come si fa, nel silenzio e nell’abbandono, con tante altre famiglie che devono far fronte da sole a ciò a cui non sanno fare fronte i Servizi, né pubblici né privati.


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