L’inclusione dei disabili nella scuola italiana non è un mito ma un vanto
Pensare che i problemi della scuola italiana derivino dall’inserimento dei disabili è quasi una bestemmia. Che rilancino questa tesi “maitre a penser” di chiara fama , palesando , senza aver nemmeno il coraggio di dirlo apertamente il ritorno alle classi differenziali è segno di desolante superficialità. Urge dunque qualche ripasso. L’integrazione dei disabili nella scuola non è un mito , è civiltà. La disabilità è una condizione che accomuna mille forme diverse ognuna delle quali ha specifiche peculiarità, menomazioni, interazioni e potenzialità.Le disabilità fisica e sensoriale, fino a qualche decennio addietro, erano le uniche forme evidenti mentre tutte quelle che comprendono la compromissione del sistema neurologico centrale erano considerate una vergogna da tenere nascosta. Per capirci, nel nostro Paese oggi in tutte le scuole di ogni ordine e grado si registrano circa 300 mila alunni con disabilità. Per il 95 % si tratta di alunni con disabilità del neurosviluppo ed autismo e soltanto il 5% comprende disabilità fisica e sensoriale. La legge 104, considerata un modello di integrazione scolastica, ha superato l’emarginazione delle scuole differenziate ed ha restituito dignità agli alunni destinati all’emarginazione. A trarre benefici sono però stati soltanto gli alunni portatori di disabilità fisica- e sensoriale, statisticamente una minoranza. Per loro era già sufficiente essere inseriti in classi differenziate per partecipare, alla pari, alla didattica e conseguire regolari corsi di studio assistiti di un minimo di ausili di comunicazione e di accessibilità. E’ un processo ormai irreversibile che le Associazioni difendono con determinazione.
La disabilità che colpisce il sistema neurologico centrale generalmente è diversa, gli alunni non hanno bisogno di ausili ne hanno problemi di accessibilità. Presentano però condizioni di gravi e diverse menomazioni e tutti hanno bisogno di un sostegno che nonostante i 40 anni della legge 104 la scuola non riesce ancora a garantire. Ecco il punto: non si tratta di tornare all’esclusione ma di applicare bene una legge avanzata.Infatti no mancano i problemi, vincoli sindacali e le graduatorie sommate alla facoltà delle scuole di nomina dei posti in deroga alimentano il clientelismo a scapito della formazione degli insegnanti di sostegno provocando ingenti impegni di spesa quasi tutti privi di un minimo di efficacia dunque è vero che tutta questa popolazione convive nelle classi privi di un progetto educativo. Ma la soluzione non è tronare alle calssi differenziali quanto applicare la legge con scienza, coscienza.
Nella stessa epoca della legge 104 è stata emanata la legge Basaglia che chiudeva i manicomi (venivano internati e tenuti separati dalla società tutte le persone con autismo insieme ad altre disabilità intellettive) e si sono affermate le Neuroscienze. Riapriamo dunque anche i manicomi? Le neuroscienze in questi anni hanno fatto enormi progressi e dimostrano che anche da una persona con residue capacità si possono trarre delle potenzialità spendibili come contributo alla vita sociale. Lo ha ricordato anche il nostro Presidente Sergio Mattarella quando in occasione dei saluti per il nuovo anno ci ha parlato dell’iniziativa di PizzAut dove circa 500 ragazzi con autismo sperimentano occasioni lavorative certamente di autostima ma sicuramente di valore produttivo in termini di impegno sociale.
Le Neuroscienze dimostrano che si possono trasformare persone che presentano alti bisogni di supporto in soggetti utili nella società produttiva. Non tanto per il principio di solidarietà sociale ma perché in questi casi la persona con disabilità che viene formata presenta un costo economico nullo o nettamente inferiore di quello della assistenza. Le tecniche riabilitative di tipo cognitivo comportamentale hanno bisogno dei contesti di vita per esprimere la loro efficacia con vantaggi per tutta la classe così come dimostrato anche dal desiderio delle famiglie ad iscrivere i propri figli nelle classi dove è presente un alunno con disabilità. Le classi speciali sono frutto di un’altra cultura quella dell’esclusione, dell’aparthed del diverso.
Tutte le rivoluzioni degli anni 80: legge 104; legge Basaglia e Neuroscienze hanno faticato decenni per essere pienamente applicate ed il percorso non è ancora concluso. Quello della piena integrazione scolastica e dell’inclusione è fermo per responsabilità dei Governi che non sono capaci di offrire insegnanti di sostegno adeguatamente formati mentre invece preferiscono spendere per incrementare il loro numero. Un esercito privo di qualsiasi formazione costa molto di più di insegnanti qualificati che garantiscono maggiore efficacia in un rapporto insegnanti -alunni meno esclusivo. Le Associazioni che tutelano gli alunni con disabilità dovranno essere più capaci di indirizzare le Istituzioni a superare ostacoli burocratici e culturali. Mescolare disabilità e immigrazione come fanno nei loro interventi alcuni grandi intellettuali un pò avulsi dalla realtà è tanto irrispettoso quanto inquietante.