Una ricerca sulle”Alterazioni del microbiota intestinale nella sindrome di Rett”

Nella sezione Risorse è ora presente un articolo sul lavoro di un’equipe di ricerca di diverse centri di ricerca italiani che affronta uno dei temi caldi della ricerca biologica: le modificazioni del microbiota nell’ambito di possibili alterazioni della funzione cerebrale a partenza dalle complesse relazioni entero-cerebrali.

Il link all’articolo è disponibile nella scheda all’articolo pubblicata nella sezione risorse. Di seguito il comunicato stampa:

Alterazioni del microbiota intestinale nella sindrome di Rett

Numerosi studi, condotti nell’ultimo decennio, dimostrano con chiarezza che l’essere umano è a tutti gli effetti da considerare una specie di “superorganismo” in cui una moltitudine di specie batteriche – il cosiddetto microbiota intestinale – quantizzabili in circa 1014, coesiste con le cellule umane che lo compongono, superandole in termini numerici di 10-100 volte. Una alterazione di questo complesso ecosistema è stata chiamata in causa nel determinismo di molteplici patologie, non solo di ordine gastroenterologico ma interessanti anche numerosi altri organi ed apparati. In uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Microbiome, un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze, dell’Istituto di Biometeorologia (IBIMET) del CNR e dell’Università di Trento, in collaborazione con la neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Le Scotte di Siena e di uno staff di biologi computazionali della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (TN), ha per la prima volta documentato importanti alterazioni nel microbiota intestinale delle pazienti con s. di Rett, un disordine neurologico progressivo generalmente legato a mutazioni del gene methyl-CpG binding protein 2 (MeCP2). Le bambine affette da questa complessa patologia presentano disturbi gastrointestinali con elevata frequenza, fino al 70-85% dei casi. L’aumento nell’abbondanza relativa di alcune specie batteriche (bifidobatteri, clostridi) e fungine (candida) documentato nello studio, permette di spiegare lo stato di cronica infiammazione e la genesi dei disturbi intestinali, in particolare della stipsi a volte veramente ostinata, che affligge queste bambine. Lo studio, promosso dalla Gastroenterologia Clinica dell’Università di Firenze (Prof. Antonio Calabrò) e brillantemente coordinato dalla Dr.ssa Carlotta de Filippo del CNR apre importanti prospettive terapeutiche per i soggetti affetti da questa grave malattia.

Pubblichiamo alcuni commenti all’articolo comparsi nella lista di discussione autismo-biologia, alla quale chiunque si puo’ iscrivere dalla pagina //www.autismo33.it/documenti/listediposta.html

E’ veramente un articolo di grande qualità e molto interessante. Complimenti agli autori!

  • Nei Disordini dello Spettro Autistico non associati a mutazioni monogeniche, la grande disomogeneità eziologica e clinica potrebbe scoraggiare studi di questo genere, ma il nostro gruppo ha elaborato una proposta che pensiamo possa essere vincente: associare allo studio osservazionale uno studio interventistico con un  prodotto nutraceuticoi che potenzialmente potrebbe sia migliorare alcuni aspetti clinici sia alterare in senso positivo il microbioma e/o le alterazioni epigenetiche e fenotipiche (stress ossidativo e infiammazione). Abbiamo solo bisogno che lo studio sia finanziato!!!
    Marina
    Marina Marini Associate Professor of Applied Biology Department of Experimental, Diagnostic and Specialty Medicine- University of Bologna, Italy voice (+39)0512094-116/094/100; fax (+39)0512094110; cellulare (+39)3454316414; [email protected]
  • Rispetto  allo studio in oggetto estremamente interessante si sa qualcosa in merito al trattamento del dismicrobismo batterico e fungino del microbiota nei pazienti affetti da  sindrome di Rett  studiati : dietoterapia, somministrazione di probiotici, terapia farmacologica a seguito di coprocoltura o altro?Ancora  grazie. M.Antonietta Gemignani
  • Anch’io ringrazio per l’aggiornamento sull’importanza del microbiota e del microbioma. Sto leggendo da tempo articoli a riguardo e rimango sempre più interessato. Tuttavia mi rimane un dubbio sul rapporto di primarietà-secondarietà fra le alterazioni del microbiota e quelle del sistema nervoso centrale, neurosviluppo incluso. Ancora grazie.
  • Marco Bertelli Medico-Chirurgo Psichiatra – Psicoterapeuta Direttore Scientifico CREA (Centro di Ricerca E Ambulatori) della Fondazione San Sebastiano, Firenze Direttore M.A.P.Psi (Medici Associati per la Psichiatria e la Psicoterapia), Firenze Past President WPA-SPID (Sezione Disabilità Intellettiva dell’Associazione Mondiale di Psichiatria) Past President EAMH-ID (Associazione Europea per la Salute Mentale nella Disabilità Intellettiva) Presidente SIDiN (Società Italiana per i Disturbi del Neurosviluppo)Presidente Eletto AISQuV (Associazione Italiana per lo Studio della Qualità di Vita) Presidente ASIR (Associazione Scientifica dei centri di Riabilitazione della Toscana)
  • Segnalo cosa ben risaputa: i disturbi intestinali (presunti) sono uno dei cavalli di battaglia dei ciarlatani che propinano cure e diete, spesso non innocue; gli ambienti istituzionali, però, non sono totalmente impermeabili a questo sottobosco, come a tanti altri dell’autismo
    Benvenute quindi le ricerche serie con augurio di buon e utile esito per gli autistici e per le loro famiglie
    Armando Mazzoni
  • E’ per questo motivo che l’argomento mi trova sempre scettica. In questo caso non mi convince il tentativo di generalizzazione da una condizione monogenica al resto dello spettro. Ci sono secondo me anche ipotesi molto più semplici da indagare. Problemi come la difficoltà a masticare o la selettività alimentare possono influenzare la composizione della flora intestinale, senza andare tanto lontano? Esistono studi su persone nello spettro che hanno/non hanno problemi nell’alimentazione?
    Claudia Celenza
  • Il fatto che ci sia chi specula su questi temi senza aver fatto studi specifici non deve distogliere dallo studiare al meglio, con metodiche serie, il fenomeno, soprattutto se si considera che comunque ci sono sempre più prove che la composizione del microbioma intestinale ha grandi influenze su tanti aspetti legati al benessere in generale, e in particolare alla salute e alla performance psichica e mentale. Giusto perché è recentissimo, vi segnalo un interessante studio che lega la flessibilità cognitiva alla composizione del microbioma intestinale e alle influenze che su di esso può avere la dieta.Neuroscience. 2015 Aug 6;300:128-40. doi: 10.1016/j.neuroscience.2015.05.016. Epub 2015 May 14. Relationships between diet-related changes in the gut microbiome and cognitive flexibility.Magnusson KR1, Hauck L2, Jeffrey BM3, Elias V4, Humphrey A5, Nath R6, Perrone A7, Bermudez LE8.
    In quanto alla complessità dei Disturbi dello Spettro Autistico non monogenici, sono io la prima a sottolineare l’ostacolo che tale complessità comporta; per superare questi aspetti è necessario un approccio “intelligente”, come quello che pensiamo di aver identificato (ma ce ne saranno sicuramente anche altri!). Lungi da noi l’idea di generalizzare dei risultati ottenuti in campi affini ma non del tutto sovrapponibili.
    A tal fine, vorrei portare due contributi metodologici derivanti dalla nostra esperienza diretta, che portano a due conclusioni apparentemente discordi:
    – Lo studio di un numero relativamente piccolo di casi di bambini affetti da Disturbi dello Spettro Autistico non monogenici ha mostrato, con nostra sorpresa, dei fenotipi comuni inattesi, riconducibili a una situazione, sicuramente generalizzata, di stress ossidativo e/o di stato infiammatorio: questo apre la strada a possibili trattamenti, deontologicamente giustificabili e aventi come finalità un miglioramento dei sintomi.
    – Le alterazioni morfologiche degli eritrociti descritte nella sindrome di Rett non hanno una rispondenza PUNTUALE nei Disturbi dello Spettro Autistico non monogenici, anche se sono presenti, come se ogni sindrome desse luogo a morfologie anomale ma diverse (nostro dato ancora non pubblicato).
    L’esperienza da noi accumulata ci spinge certamente a non generalizzare in maniera automatica, ma allo stesso tempo ci suggerisce di approfondire gli studi per conoscere le basi eziopatologiche comuni all’ASD e cercare di individuare approcci terapeutici che abbiano una base scientifica.
    Grazie per l’attenzione
    Marina Marini
  • In qualità di coautore, sento il dovere di rispondere alle numerose mail giunte in questi giorni a commento del nostro lavoro. Voglio innanzitutto ringraziare la Prof.ssa Marini, anche a nome di tutti i colleghi che con fatica hanno contribuito alla realizzazione del progetto, perchè credo abbia colto il senso più profondo dello  studio, concernente le alterazioni del micro/micobiota intestinale nella s. di Rett.
    Come sottolineato da Daniela a commento del comunicato, il tema  è di grande interesse scientifico ed esistono ampie evidenze a sostegno del fatto che alterazioni del microbiota intestinale possono esercitare profonde influenze sul SNC. Ricordo a questo proposito che alla fine degli anni  ’80 – ero da poco stato assunto all’Università –  fu organizzato a Firenze un enorme Congresso Internazionale intitolato “Brain-Gut Axis”. Bene, pur non disconoscendo l’enorme importanza del cervello nel controllo delle varie funzioni digestive (secrezione, motilità…), è ormai evidente che oltre al “Brain-Gut Axis” esiste un “Gut-Brain axis” e che metaboliti prodotti nell’intestino possono influenzare specifiche funzioni cerebrali contribuendo, almeno in parte, allo sviluppo di ansia, depressione… Giusto per fare un esempio, il  triptofano presente in alcuni alimenti viene normalmente metabolizzato dalla 5OH-triptofano decarbossilasi a 5OH-triptamina o serotonina : questo è almeno in parte la ragione dell’attività anti-depressiva attribuita al cioccolato, ricco in triptofano. In alcuni individui, tuttavia, per effetto di alterazioni del microbiota, può verificarsi l’attivazione di un enzima, l’indolamina 2-3 diossigenasi, che attraverso una diversa via metabolica porta allo sviluppo di ac. chinurenico e chinolinico. Quest’ultimo, accumulandosi nel cervello può esercitare un importante azione neurotossica.
    Venendo nello specifico al nostro studio,  mi sembra opportuno precisare che nessuno pretendeva di trovare una causa della s. di Rett, come peraltro ci è stato obiettato in maniera piuttosto semplicistica da uno dei Referee: la causa della Rett è a tutti nota e risiede in specifiche mutazioni di MECP2 o, molto più raramente, di altri geni (CDKL5, FOXG1). Scopo dello studio era semplicemente quello di verificare se le profonde alterazioni esercitate dalle suddette mutazioni, in particolare di MECP2 a livello digestivo, potessero essere associate ad una disbiosi e, in caso affermativo, se una modificazione nell’equilibrio tra le varie specie batteriche e fungine potesse  contribuire  allo stato di cronica infiammazione intestinale che caratterizza la s. di Rett. Faccio peraltro presente che nelle conclusioni viene ribadita la necessità di ulteriori studi, volti ad analizzare più in dettaglio le modificazioni dinamiche del microbiota durante le varie fasi di progressione della malattia in un modello animale di Rett (MeCP2-null mouse) ampiamente validato e riconosciuto.
    Mi sembra inoltre doveroso precisare che nello studio in questione non è stata estrapolata alcuna conclusione sui disturbi dello spettro autistico, data la natura monogenica della s. di Rett che giustifica la sua recente enucleazione da questi ultimi. Per quanto concerne le possibili prospettive terapeutiche, un eventuale intervento mirato a correggere la disbiosi  potrebbe a mio avviso contribuire a migliorare lo stato di “mild inflammation” ed i  conseguenti disturbi intestinali che caratterizzano queste bambine, non certo a determinare la regressione della malattia.
    Più complesso è certamente il problema delle alterazioni del microbiota nei disturbi dello spettro autistico, su cui stiamo peraltro lavorando. In uno studio recentemente pubblicato su Cell da S. Manzmanian  su un modello animale di autismo (topi nati da mamme MIA, cioè con MaternalImmune Activation) è stata documentata una importante disbiosi  e dimostrata la reversibilità delle alterazioni metabolomiche e dei disturbi del comportamento (difetti di socializzaione, del linguaggio…) attraverso la somministrazione di Bacteroides fragilis. Pur riconoscendo l’importanza dello studio, rimango dell’opinione che sia indispensabile acquisire informazioni più precise su bambini affetti da ASD, prima di pensare ad un intervento con probiotici, nutraceutrici e quant’altro.L’insuccesso di molti interventi volti a correggere il dismicrobismo intestinale ed il conseguente comprensibile scetticismo,  sono a mio avviso da imputare al fatto che sono stati utilizzati probiotici “a caso”, probabilmente più sotto la pressione di questa o quella industria farmaceutica che sulla base di chiare evidenze scientifiche.
    Voglio infine replicare alle affermazioni di Armando Mazzoni che ha scritto ” i disturbi intestinali (presunti) sono una dei cavalli di battaglia dei ciarlatani che propinano cure e diete, spesso non innocue”. Per quanto mi riguarda non credo di essere un ciarlatano e francamente penso che la frase non fosse attribuita agli autori dello studio; sono invece ampiamente convinto, come peraltro documentato da numerosi lavori pubblicati su riviste autorevolissime, che i disturbi intestinali nella s. di Rett siano molto più frequenti di quanto fino a poco tempo fa si potesse immaginare e che si debba fare ogni sforzo per cercare di migliorare la qualità e le aspettative di vita delle bambine affette. Spero in ogni caso di poter incontrare in qualche occasione e quindi di conoscere di persona Armando, che ritengo essere una persona degnissima di rispetto.
    Scusandomi per essermi dilungato un pò troppo,
    Cordiali saluti
    Prof. A. Calabrò
    Antonino Calabrò, MD, Ass Prof, Director of the School of GastroenterologyDept of Experimental and Clinical Biomedical Sciences University of Florence – Florence – Italy

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