L’autismo entra nei livelli essenziali di assistenza

Il Ministero dell’Economia ha dato “il via libera” allo schema di intesa sul decreto di aggiornamento dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Il Ministero della salute ha inviato il documento alla Conferenza Stato-Regioni, per essere poi esaminato dalle commissioni parlamentari competenti e quindi recepito in Gazzetta Ufficiale.

Nel documento, a differenza della versione precedente, compare esplicitamente l’Autismo prevedendo “diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, integrazione nella vita sociale e sostegno per le famiglie” con un esplicito riferimento alla legge sull’autismo (134/2015).

Art. 60 LEA

Segnaliamo il commento di Angsa Lazio e il comunicato di Davide Faraone, presidente della Fondazione italiana per l’autismo.

La notizia pubblicata dall’agenzia Ansa e da Il Sole 24 Ore dove si può trovare anche il testo completo.

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3 risposte

  1. giuseppe ha detto:

    Oggetto : COME RENDERE FUNZIONALI I FONDI DISPONIBILI per la disabilitá e il sociale.

    A tutt’oggi le A.s.l. e i Comuni gestiscono i fondi destinati al sociale e alla disabilità. Fondi che negli anni sono stati per molti versi, dirottati, dimezzati e dilapidati, non ultima la crisi economica, che non ci lascia sperare niente di buono. A mio parere destinare queste poche risorse ancora disponibili alle sole cooperative sociali e alle varie strutture di sostegno accreditate, è un grave errore. Abbiamo poca disponibilità economica e quindi abbiamo un bisogno urgente di adoperare espedienti che ci consentono di utilizzare queste poche risorse rimaste in modo oculato, senza mai però, perdere di vista i veri “beneficiari dei servizi”. C’è da tenere conto che i soggetti operanti sono “aziende” e “che come tali” hanno come priorità principali: proteggere il capitale investito, coprire le spese di gestione e mirare al profitto. A questo punto la domanda sorge spontanea: chi potrà essere il garante a titolo gratuito della qualità del servizio e delle specifiche esigenze delle persone beneficiarie dei servizi, se non i “titolari stessi?” Bisognerebbe unicamente invertire il percorso, in modo che le procedure di assegnazione destinassero i fondi disponibili ai “titolari beneficiari dei servizi” e non alle aziende, in modo che i titolari beneficiari, potrebbero liberamente decidere di organizzarsi in proprio o di affidare a una struttura di fiducia, la cura della propria salute. Sarebbe un gesto di civiltà, una manovra di alta economia che consentirebbe di soddisfare e aumentare la platea dei beneficiari e al tempo stesso di non pesare troppo sulle tasche dei cittadini.

  2. giuseppe ha detto:

    Vien da dire che “ci vorrebbe un amico/a.

    “Amici” veri, scelti e proposti dalle famiglie, un approccio ludico alle richieste educative, l’importanza dell’acqua e soprattutto la frequentazione e l’inserimento delle persone con disabilità nei luoghi e nelle situazioni abituali dei coetanei normotipi: una riflessione su alcune strategie possibili, per alleggerire il peso delle famiglie, da sostenere tramite assegni di cura.
    Vien da dire che “ci vorrebbe un amico/a», non necessariamente specializzato – perché non c’è una scuola, per imparare a fare l’amico – quanto più possibile “coetaneo”, pagato a ore, ma scelto e proposto dalla famiglia.
    La storia, infatti, ci insegna che “l’osservazione e l’imitazione dell’altro” ha consentito ai nostri progenitori, via via fino a noi, di migliorare le proprie condizioni sociali ed economiche e che quando si ha come riferimento un modello positivo da imitare, più facilmente si può cambiare e migliorare. Se poi all’osservazione e all’imitazione, associamo l’approccio ludico, si possono ottenere risultati ancora più importanti. Perché le richieste educative non saranno più di peso, perché agli occhi dei bambini/ragazzi appariranno come un gioco. E sarà così, quindi, che il gioco – da illusione creativa – diventerà “antidoto” all’isolamento e capacità di interagire con il mondo.
    Altro aspetto propositivo è l’acqua, la piscina, perché facilita e aumenta i tempi di attenzione, favorisce la gestione degli aspetti emotivi, promuove l’equilibrio motorio e riduce drasticamente i comportamenti aggressivi e le stereotipie. Resta comunque preminente la frequentazione e l’inserimento delle persone con disabilità nei luoghi e nelle situazioni abituali dei coetanei normotipi, per favorirne la conoscenza attraverso il meccanismo dell’imitazione. Insomma, se vogliamo che raggiungano la normalità… facciamogliela vivere!
    E per sostenere le spese di tutto ciò? Una soluzione può essere l’assegno di cura – chiamato anche voucher o assegno terapeutico – contributo economico da erogare alle famiglie che si impegnano ad assistere a casa, affrontandone anche i costi, persone non autosufficienti che altrimenti dovrebbero affidarsi a strutture di ricovero.
    L’obiettivo di questa forma di assistenza è dunque quello di promuovere la domiciliarità, per ridurre il ricorso ai ricoveri in strutture residenziali che costerebbero allo Stato e alle tasche del Cittadino dieci volte tanto. È tempo di crisi, no, e quindi facciamo un po’ di economia!

  1. 9 Agosto 2016

    […] Il Ministero della salute ha inviato il documento alla Conferenza Stato-Regioni, per essere poi esaminato dalle commissioni parlamentari competenti e quindi recepito in Gazzetta Ufficiale. Nel documento, a differenza della versione precedente, compare esplicitamente l’Autismo prevedendo “diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, integrazione nella vita sociale e sostegno per le famiglie” con un esplicito riferimento alla legge sull’autismo (134/2015). – continua la lettura su //www.angsa.it/ […]

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