Autismo nei bambini: trovati biomarcatori che possono portare a diagnosi più precoci

Esce oggi sulla prestigiosa rivista Molecular Autism (2018) 9:3 l’articolo “Advanced glycation endproducts, dityrosine and arginine transporter dysfunction in autism – a source of biomarkers for clinical diagnosis” Attia Anwar, Provvidenza Maria Abruzzo, Sabah Pasha1 , Kashif Rajpoot3 , Alessandra Bolotta, Alessandro Ghezzo, Marina Marini, Annio Posar5,6, Paola Visconti5 , Paul J. Thornalley e Naila Rabbani
Il lavoro é frutto della collaborazione tra l’Universitá e l’Istituto delle Scienze Neurologiche di  Bologna e l’Universitá di  Warwick, a riprova della vitalitá, delle competenze e della capacitá di collaborazioni internazionali di tante Universitá e Istituti di Ricerca italiani,  tra cui Bologna, che meriterebbero ben altri riconoscimenti e ben altri finanziamenti.
L’Universitá di Bologna ha diramato oggi un comunicato stampa per dimostrare quanto é orgogliosa dei suoi ricercatori. Prima di copiare tale comunicato vorrei tuttavia precisare, dopo avere parlato con gli autori, che il temine “test” del comunicato potrebbe essere mal interpretato. Si tratta di analisi biochimiche molto raffinate e che non sono alla portata di tutti i laboratori. Invece da valorizzare i seguenti contenuti del comunicato stampa:
Un risultato che potrebbe portare in futuro a fare luce su cause non ancora identificate alla base dei disturbi dello spettro autistico, contribuendo così a mettere a punto nuove terapie, che saranno tanto più efficaci quanto più precocemente applicate.
  • mette in luce il ruolo dello stress ossidativo in una patologia del Neurosviluppo e identifica alterazioni biochimiche comuni in bambini che hanno sicuramente background genetici diversi. Ipotizziamo che sia l’instaurarsi di queste disfunzioni durante il periodo prenatale o nei primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica delle cellule nervose, provoca alterazioni simili a quelle dovute a mutazioni genetiche”.
  • In particolare, nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico sono stati riscontrati livelli più elevati di uno specifico marcatore di ossidazione, la di-tirosina (DT), e di composti denominati “Advanced Glycation Endproducts” (AGEs).
  • Dai risultati della ricerca, inoltre, è arrivata anche la conferma che nei disturbi dello spettro autistico è coinvolta un’alterazione dei trasportatori di aminoacidi, già identificata in una rara mutazione genetica che determina autismo. Nei bambini studiati, però, le cause dell’alterazione potrebbero essere di tipo epigenetico e non genetico, quindi potenzialmente modificabili.
  • potrebbe portare a una diagnosi e a interventi terapeutici più precoci. Speriamo, inoltre, che questo tipo di studi possa mettere in luce nuovi fattori causativi: nuove ricerche potrebbero infatti rivelare specifici profili plasmatici e urinari di composti che portano traccia di modificazioni dannose. Non solo, quindi, si potrà migliorare la diagnosi, ma anche individuare nuove cause dell’ASD”.
  • Sarà necessario ora ampliare lo studio a nuovi gruppi di bambini con l’obiettivo di confermarne l’efficacia e valutare se i biomarcatori individuati sono in grado di discriminare non solo tra bambini affetti e sani, ma anche tra diverse patologie del Neurosviluppo o che comportano stress ossidativo, e per valutare, inoltre, la sua capacità di identificare l’ASD anche in età molto precoce.
Ed ecco il comunicato stampa dell’Universitá:
Autismo nei bambini: trovati biomarcatori che possono portare a diagnosi più precoci
Un team di ricerca italo-britannico ha messo a punto un nuovo test – il primo di questo tipo – basato sull’individuazione di specifici danni alle proteine plasmatiche. Uno strumento che può rivelarsi utile per arrivare a identificare i disturbi dello spettro autistico anche in età molto precoce e aprire la strada a nuovi trattamenti
Un team di ricercatori di Università di Bologna, Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna (IRCCS), Università di Warwick e Università di Birmingham ha messo a punto un nuovo test – il primo di questo tipo – che potrebbe portare a diagnosi più precoci nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico, favorendo così trattamenti più tempestivi.
Il test – pubblicato sulla rivista Molecular Autism – si basa sull’individuazione, attraverso biomarcatori nel sangue e nelle urine, di
specifici danni alle proteine plasmatiche. Un risultato che potrebbe portare in futuro a fare luce su cause non ancora identificate alla base dei disturbi dello spettro autistico, contribuendo così a mettere a punto nuove terapie, che saranno tanto più efficaci quanto più precocemente applicate.
Cosa sono i disturbi dello spettro autistico I disturbi dello spettro autistico (ASD) sono disturbi del Neurosviluppo che impattano principalmente sulle interazioni sociali e che possono comprendere un’ampia gamma di problemi comportamentali, tra cui anomalie nella comunicazione, comportamenti ripetitivi o compulsivi, iperattività, ansietà, difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, disturbi sensoriali e, in molti casi, disabilità intellettiva. I sintomi possono essere molto eterogenei e, soprattutto in età precoce, molto sfumati. Per questo motivo è spesso difficile ottenere una diagnosi certa prima di 24-36 mesi di età.
Le cause di questo tipo di disturbi sono ancora poco chiare. Mentre in circa un terzo dei casi (30–35%) possono essere riconosciute motivazioni genetiche, per il restante 65–70% dei soggetti colpiti si ritiene che l’autismo sia causato da una combinazione di fattori ambientali, mutazioni multiple e varianti genetiche rare.
Nuovi indizi e utili conferme. Nuovi indizi per fare luce sulle cause di questi disturbi possono arrivare ora grazie al nuovo test messo a punto dal team di ricerca italo-britannico. Gli studiosi hanno infatti individuato un legame tra ASD e un particolare danno alle proteine plasmatiche dovuto a fenomeni di ossidazione e di glicazione.
“Questa ricerca – spiega Marina Marini, docente al Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale  dell’Alma Mater,  che ha coordinato il gruppo bolognese – mette in luce il ruolo dello stress ossidativo in una patologia del Neurosviluppo e identifica alterazioni biochimiche comuni in bambini che hanno sicuramente background genetici diversi. Ipotizziamo che sia l’instaurarsi di queste disfunzioni durante il periodo prenatale o nei primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica delle cellule nervose, provoca alterazioni simili a quelle dovute a mutazioni genetiche”. In particolare, nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico sono stati riscontrati livelli più elevati di uno specifico marcatore di ossidazione, la di-tirosina (DT), e di composti denominati “Advanced Glycation Endproducts” (AGEs).
Dai risultati della ricerca, inoltre, è arrivata anche la conferma che nei disturbi dello spettro autistico è coinvolta un’alterazione dei trasportatori di aminoacidi, già identificata in una rara mutazione genetica che determina autismo. Nei bambini studiati, però, le cause dell’alterazione potrebbero essere di tipo epigenetico e non genetico, quindi potenzialmente modificabili.
“La nostra scoperta – spiega Naila Rabbani, Reader di Experimental Systems Biology all’University of Warwick, che ha guidato la ricerca biochimica – potrebbe portare a una diagnosi e a interventi terapeutici più precoci. Speriamo, inoltre, che questo tipo di studi possa mettere in luce nuovi fattori causativi: nuove ricerche potrebbero infatti rivelare specifici profili plasmatici e urinari di composti che portano traccia di modificazioni dannose. Non solo, quindi, si potrà migliorare la diagnosi, ma anche individuare nuove cause dell’ASD”.
I protagonisti dello studio e i prossimi passi Per realizzare lo studio, il Centro Disturbi dello Spettro Autistico dell’Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna ha realizzato una valutazione clinica su 38 bambini affetti da disturbi dello spettro autistico (29 maschi e 9 femmine) e un gruppo di controllo composto da 31 bambini a sviluppo normotipico (23 maschi e 8 femmine), tutti di età compresa tra 5 e 12 anni. Il team dell’Università di Warwick, guidato da Naila Rabbani, ha poi studiato campioni di sangue e di urina, evidenziando le differenze chimiche tra i due gruppi. Un ricercatore dell’Università di Birmingham ha invece combinato i dati relativi ai cambiamenti dei diversi composti, elaborando un algoritmo di machine learning: un’intelligenza artificiale che consente di distinguere tra i soggetti affetti e quelli non affetti. Il risultato è stato un test diagnostico con ottima capacità di distinguere tra veri e falsi positivi e veri e falsi negativi.
Sarà necessario ora ampliare lo studio a nuovi gruppi di bambini con l’obiettivo di confermarne l’efficacia e valutare se i biomarcatori individuati sono in grado di discriminare non solo tra bambini affetti e sani, ma anche tra diverse patologie del Neurosviluppo o che comportano stress ossidativo, e per valutare, inoltre, la sua capacità di identificare l’ASD anche in età molto precoce.
La studio è stato pubblicato sulla rivista Molecular Autism con il titolo “Advanced glycation endproducts, dityrosine, and arginine transporter dysfunction in autism — a source of biomarkers for clinical diagnosis”. A realizzarlo sono stati ricercatori della Scuola di Medicina dell’Università di Warwick (in particolare del Warwick Systems Biology Group), dell’Università di Birmingham, dell’Università di Bologna, dell’IRCCS Istituto di Scienze Neurologiche di Bologna e della Fondazione Don Carlo Gnocchi ONLUS.
La ricerca è stata finanziata da Warwick Impact Fund Award a Naila Rabbani, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e Fondazione Nando Peretti a Marina Marini. I ricercatori ringraziano l’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e tutti i bambini coinvolti e le loro famiglie.

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